I conti correnti
sono il prodotto bancario per antonomasia: quasi tutti ne posseggono uno non
solo per l’accredito della busta paga o della pensione, ma anche per effettuare
alcune operazioni, come pagamenti e domiciliazione delle bollette.
Contrariamente a quanto
si possa pensare, non tutti i conti sono uguali.
I costi dei conti correnti (in parte coincidenti con quelli dei conti deposito) si
suddividono in fissi e variabili, con la differenza che i secondi variano a
seconda di una serie di variabili come la frequenza di utilizzo, il saldo
mensile e le operazioni effettuate.
Partendo dai costi fissi, va senz’altro citata l’imposta di bollo.
Quest’ultima comporta una spesa di 34,20 o 100 euro a seconda che il titolare
sia una persona fisica (singoli contribuenti) o giuridica (imprese e società).
L’imposta non si applica se il saldo medio nell’arco dei 12 mesi è inferiore a
5 mila euro, una misura evidentemente pensata per favorire l’inclusione
finanziaria anche di quei soggetti che altrimenti non si potrebbero permettere
di avere una relazione di tipo bancaria. Soprattutto in questi tempi di crisi
economica, in cui la raccolta fondi è a minimi storici, alcuni istituti si
fanno carico dell’onere: per averne conferma, basta leggere attentamente le
condizioni contrattuali del conto.
Fra i costi fissi non si può, inoltre, dimenticare il
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